lunedì 7 gennaio 2013

Emmanuel Carrère, "Limonov", Adelphi, Milano 2012

Il libro che ha raccolto il maggior numero di voti (assente la proposta individuale) è stato Limonov

La tabella di lettura per i commenti, l'ultima data indicata è anche quella in cui ci incontriamo per parlare del libro. 

1) 28 gennaio pag. 125
2) 10 febbraio pag. 225
3) 2 marzo pag. 356 
4) 9 marzo giorno in cui ci vediamo

Buona lettura a tutti.

11 commenti:

  1. Copertina però aggraziata, coloratamente riquadrettata massèria...:)

    Giunsi quindi a NYC e, poco dopo, al Segno. La prosa di vita e gesta di EC non è + all'altezza di quella dispiegata in 'L'AVVERSARIO'', indimenticabile magistrale, che mostra la rarefatta implacabile perfezione d'una marionetta.ssassina (direbbe Manganelli:).

    Anche La settimana bianca mi piacque, Baffi in minor misura, La vita come un romanzo russo interruppi, senza riprender +.

    Con l'Eduard ritratto mi è difficile simpatizzare, ma qualcosa di suo leggerò, tipo Libro dell'acqua.

    Carrére conferma attaccamento alle radici e passione per la terra russa e suoi autori, per l'anima di un popolo che mescola assuefazione alla mortificazione, aspirazioni di grandezza e attonita ammirazione della cultura europea, francese su tutte.
    Di russi non si legge mai abbastanza, non bastan dosingenti di Dostevskij, Bulgakov, Checov.. nonchèmozioni da sparsi Tolstoj, Sologub, Turghenev.
    Affascinantè leggere di continenti sterminati e popolazioni sparse per oltre dieci fusi, tra le righe contemporanee di Imperium, Educazione siberiana, La tigre, Il demone a Beslan.

    Direi che, per ora, l'ammirato biografo se la cava meglio a co-ritrarre brillanti capitani d'impresa in quel di Davos, su Internazionale,
    che non a descrivere lunghi anni e lunghe storie d'una vita che, non come la mia, scorre tra vortici d'estro.
    Le pagine anche, scorrono, ma lo sforzo, pur leggero, non ripagahimè.
    Alla prox
    jk

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  2. il preludio (se così possiamo chiamarlo) della narrazione, la quindicina di pagine all'inizio del libro, creano un clima di grande attesa e interesse attorno a Limonov. Sorprende poi l'abilità dello scrittore di raccontare una storia e un personaggio reali come se fossero un romanzo e al tempo stesso mantenere una sorta di sguardo esterno. insomma uno sguardo partecipe tanto da essere coinvolto, tanto che in alcuni punti sei immerso anche tu con lui, in quelle vicende di Limonov, ne senti in qualche misura la temperatura. un essere completamente dentro la tempesta e contemporaneamente stare sulla riva a guardare quanto accade. forse sola la letteratura può fare questo. momenti clamorosi: Limonov che sodomizza sua moglie sulla colonna sonora di un discorso di Solgenitsin; Limonov che si fa possedere da un ragazzo di colore a Central Park.

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  3. Il ritmo narrativo-giornalistico è indubbio e tende a crescere all'ingresso nelle Villes Lumières, dove la lotta per l'esistenza di una canaglia riceve l'inevitabile battesimo del fuoco. Colpisce e delude, però, come lo stesso autore non nasconda, lo dice almeno due volte, di servirsi di modelli schematici di descrizione e di ri-costruzione del personaggio. La carriera del randagio prende forma attraverso tutte le tappe già raccontate nella narrativa degli ultimi due secoli, e lo stesso incontro dell'autore con il personaggio che gli permetterà di scrostare e osservare in uno specchio deformante ed eccessivo il suo decadente milieu di parigino viziato, rivela un approccio alla letteratura vissuta più come surrogato (molto meglio di lavorare dicono taluni editorialisti nostrani...) che come autentica esperienza di vita. Nelle pagine parigine non mi stupirei di trovare (ennesime) vendicative pagine sulla letteratura da salotto alla ricerca dell'animale esotico e del personaggio inevitabilmente eccessivo (il gradasso [fascistello] dello stile, sempre subalterno al bersaglio che decide deliberatamente di colpire). Forse l'eroe riuscirà al meglio ad incarnare la sua miscela alcolico-distruttiva nei teatri delle guerre slave di fin de siecle.

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  4. All'inizio devo dire la verità mi ha infastidito. Mi sembrava un libro sull'esaltazione narcisistica dell'io e che per Carrere fosse lo strumento per celebrare se stesso e il suo mito adolescenziale, Limonov appunto.
    Poi a pag 170 Carrere, riprendendo una frase del Sutra buddista, scrive: "l'uomo che si ritiene inferiore, superiore o anche uguale ad un altro non capisce la realtà"
    Un libro allora all'insegna del relativismo morale, o meglio un manifesto contro il conformismo?
    Sono arrivata a quando stava a Parigi, e mi è venuta voglia di rileggere la Caduta di Camus.
    Limonov mi ha ricordato per certi aspetti Dmitrij dei fratelli Karamazov di Dostoevski. Limonov come Dmitrij ma più coraggioso, più audace e soprattutto più individualista, forse perché figlio della contemporaneità. Limonov, un antieroe contemporaneo.
    Non riesco a giudicare un libro fino a quando l'ho finito di leggere. Finora mi sta incuriosendo. Mi piace anche il suo registro, una doppia biografia scritta quasi come un reportage.
    Anche se non approfondisce, non essendo un libro storico, è riuscito a trasmettermi l'atmosfera di una terra, come la Russia e l'Urss di quel periodo.

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  5. scusa ma che deve o dovrebbe approfondire?

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  6. infatti, non pretendo nessun approfondimento e trovo che non sia congruente al fine dell'operazione di Carrere. Attraverso una doppia biografia, la sua a flash, quella di Limonov più serrata nei tempi, riesce a ridarti l'atmosfera culturale e psicologica di un periodo che coincide con la vita del protagonista. Si riescono a comprendere le sue scelte, le sue posizioni che letti attraverso una lente conformista e ideologica si tenderebbe a rifiutare.

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  7. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  8. Indietrissimo con i ritmi della stanza, pur avendo in casa il libro da almeno una settimana, finalmente mi decido solo ora ad iniziarlo.
    Non l’ho votato, non mi ispirava molto e inizio così la lettura un po’ controvoglia, col “senso del dovere” di leggerlo perché della “stanza”.
    E invece il prologo è stata una vera sorpresa: letto con interesse e piacere ed ha fatto nascere la voglia e la curiosità di leggere la biografia di questo eroe/malandrino tanto invidiato dallo scrittore che avrebbe voluto essere lui, che avrebbe voluto avere lui una vita così avventurosa e non borghese parigina come la sua.

    La Russia contemporanea (di Putin, Berlusconi) da lui descritta mi ha ricordato tristemente la nostra Italia: “In un paese in cui nessuno bada granchè alle libertà formali, purché gli sia garantito il diritto di arricchirsi…”

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  9. che te lo abbia ricordato lo capisco. siamo però distanti anni luce, per quanto posso capire. dico così anche perché da quanto capisco io sono più avanti nella lettura di te. cmq superato la salita centrale del libro si ridiscende giù bene e con interesse.

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  10. Al termine.hehe..son della teoria sgocciolante di capitoletti, che procede rapida vertiginosa e accompagna i Nostri al dunque. Edicka, esteta proletario, nostalgicomunista, agitato deuteragonista del doppio suo 'di successo', l'odios(issim)o putìn. Emmanuele, il borghesotto affascinato dall'eccesso, dal coraggio di stare con parti e da parti pericolos&impopolari.. sempre più svalutato nella parte di mitografo agiografo..e noioso, sempre più. Osservazioni sull'innegabile complessità della sessualità, della psicosociologia, della (geo)politica sono il furbo ammiccante vezzo del tenersi sempre a distanza di qualcuno che in fondo si ammira/invidia..per il parlar diretto, la retorica del perdente incrollabilmente fedele a sè stesso e a un 'premoderno' sistema di valori, la capacità di misurarsi con tutto (e tutti/e) senza compromessi estetici, l'alterità sulle categorie morali correnti . Ultime pagine si leggono con interesse solo per l'oggetto di contesto, ossia la storia dellaCCCP che diventa Russia, mentre i Nostri non si negano (dirette o narrate) esperienze di guerra, carcere, apologia del terrorismo(!) e guardano maschiamente verso il fondo dell'abisso umano (Emmanuelin, furbesco lui, implicando e protestando, come spesso fa, delicatezza/ignoranza/sospensione di giudizio su quel che Edo fa, dice di aver fatto, tace. Tutt'altro che titanica, la figura del Nostro Edo rimane coerente a se stessa, ma scialba pur se (così pare) rispettata da chi lo circonda: burocrati sovietici, militari, spie, adoranti (stilizzatissime) figure femminili, galeotti, Wasp, intellettual.oid.i (tipo Carrère),persin poeti russi celebri. Verso fine Nostro Emm si sbilancia anche sui giudizi-confronto nazi/stalin, che non serve riproporre, ma archiviare, poichè il punto di vista non tanto di Edo (che lo vive da russo) ma di Carrère 'storico' poco m'interessa, poco qualificato quale è. In sintesi, direi, dopo l'Avversario (molto bello perchè asciutto e vero), una caduta verso la storia vista dal buco della serratura, i luoghi comuni e la micronarrazione con pretesa di creare un'epica del picaro generoso ma sociopatico, disturbato ma genuino, alfiere (se non) del bello, giusto, vero (almeno del) Meno Peggio. Peggio essendo la marcia marcissima società dei consumatori massa e dei nuovi vecchi ricchi profittatori, che Edo (in questo bravo!) disprezza.
    J/Luc

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  11. Ho finito il libro ieri, giusto in tempo per sabato.
    Non posso negare l'abilita' dell'autore, ma la sua presenza invadente (e un bel po' narcisistica) mi ha disturbato non poco. Cerco di tralasciare questo fastidio, almeno per prepararmi al nostro incontro. A sabato,
    Marco

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